Patrizio Roversi: un turista per vocazione in un’intervista “per caso”
Quando si pensa al viaggio, il primo riferimento automatico è Turisti per caso, trasmissione cult, ora blog di successo e fonte di mille “invidie”.
Tutti noi, davanti alle meravigliose esperienze che hanno vissuto i due protagonisti, avremmo voluto essere al loro posto!
E quindi perché non parlarne con chi quei viaggi li ha ideati e raccontati in maniera così divertente e coinvolgente?
Vi presentiamo Patrizio Roversi!
Abbiamo avuto il piacere e l’onore di parlare con lui e di potergli fare delle domande.
P: Imbarazzato dalla tua roboante presentazione, eccomi qui…
GGD: Un posto dove andare, un posto dove vivere, un posto dove non tornare.
P: Andare dovunque, vivere a casa propria, non tornare dove sei già stato.
Detto così è un po’ troppo sintetico, ma in effetti io penso che ogni viaggio, se meditato – preparato-motivato, abbia un suo perché e quindi ne valga la pena.
Io però non ho mai viaggiato con l’idea di non tornare a casa: ho visto posti magnifici ma nessuno in cui m’è venuta voglia di trasferirmi. E infine il bello del viaggio è scoprire cose nuove, per cui io raramente son tornato sui miei passi.
Anzi, sì, son tornato un paio di volte in Polinesia Francese…
GGD: quanto la tecnologia ha cambiato ed influenzato il modo di viaggiare?
P: Innanzitutto la tecnologia ha motivato il mio viaggiare: io e Syusy abbiamo iniziato a viaggiare all’inizio degli anni ’90, quando sono uscite in commercio le telecamerine 8HB, che permettevano di girare immagini trasmettibili in TV.
Abbiamo iniziato a viaggiare per raccontare. Poi la tecnologia di montaggio (AVID) ci ha permesso di assemblare il girato in modo molto più semplice.
Quindi l’avvento del web ci ha creato una Comunità (i Turistipercaso e poi Velistipercaso). Dopodiché, il web ha creato relazioni dirette con i nostri referenti/amici/accompagnatori in giro per il mondo. Ad esempio, abbiamo conosciuto via mail Andrea Casadio, il medico che mi ha accompagnato a fare la maratona di New York e che poi è tornato in pratica in Italia con noi (ora fa il giornalista). Per non parlare della facilità di fare ricerche e assumere informazioni!
Ma in generale la tecnologia ha cambiato radicalmente, per tutti, il modo di viaggiare: dal telefonino col navigatore alle applicazioni, per finire alla possibilità di auto-organizzarsi un viaggio. Quest’ultima cosa ha però, secondo me, non soltanto aspetti positivi: da parte degli utenti è nata una sorta di frenesia che li porta sempre e comunque a “fare da sé”, anche laddove invece sarebbe opportuno ricorrere all’aiuto organizzativo di professionisti e di tour operators. E dall’altra il mercato è entrato a piedi uniti nella definizione fluttuante dei costi, ingenerando una vera jungla di prezzi, offerte e sconti in cui non ci si capisce più nulla. Certo, si viaggia spendendo meno, ma è diventato praticamente impossibile fare preventivi e prevedere quanto costa un viaggio, in una babele a volte incomprensibile e illogica.
GGD: quanto la tecnologia e il web hanno cambiato il modo di raccontare il viaggio?
P: Dai taccuini (moleskine) di Chatwin ai blog, il mondo è cambiato. Ora finalmente c’è una vera comunicazione orizzontale e “democratica” relativa alle esperienze di viaggio. Turistipercaso e Velistipercaso, i nostri siti (oltre a Nomadizziamoci e a Sailingliguria) sono appunto delle piattaforme, delle “piazze” in cui si incontrano le esperienze dei nostri utenti/viaggiatori. Ci si scambiano esperienze preziose.
Sempre però con una mediazione “giornalistica” che noi esercitiamo, vedi il ruolo della nostra web-master Silvia Salomoni, ruolo che già è stato del nostro complice fondamentale Martino Ragusa. Perché le informazioni devono essere vere, “garantite”, credibili. Il web è un ottimo strumento, una “forma” straordinaria, ma alla fin fine quello che conta è il contenuto, che deve essere affidabile. Lo scambio esclusivamente quantitativo e superficiale dei “mi piace”, tipico di certe comunità e di certi social, a me non piace.
GGD: le cose più strane che hai assaggiato, sentito, visto, toccato ed annusato… e il souvenir più strano!
P: Tutto e niente: quando viaggio io sono come in un’altra dimensione, dove tutto è “strano”. Ma certo le vipere che ho mangiato in Giappone erano più “strane” del solito… I souvenir non me li porto più a casa da tempo: ho capito che non reggono allo sradicamento dal loro contesto. Meglio i ricordi. Anzi, i filmati…
GGD: Grazie mille Patrizio!